Falaride…chi era costui?

Molti ricorderanno le gesta di Falaride (570 -555 a.C.), tiranno di Akragas, l’odierna Agrigento. Grazie a lui, la cittadina divenne una grande potenza, sia economica che militare. Falaride arrivò ad Agrigento da Astipalea quando la città  era in fase di costruzione dei grandi edifici pubblici, tanto che si ‘appaltò’ la costruzione del tempio di Giove sull’acropoli; approfittando dell’occasione, organizzò una nutrita schiera di armati di cui si valse per diventare signore della città.  Il tiranno agrigentino aveva indubbie doti di stratega e di statista, ma sconfinò nel  mito per la famosa  storia del  suo ‘toro’. La sua triste fama di tiranno crudele perdurò nel tempo tanto che anche  Cicerone, nelle sue celebri Verrine  definisce Falaride come “crudelissimus omnium tyrannorum” (il più crudele tra tuttii tiranni).

Alla bravura militare e politica, Falaride accompagnava la perfidia caratteriale allo stato puro. Vuole la eggenda che il tiranno fece venire nella città akragantina l’ateniese Perillo al quale commissionò la costruzione di uno smisurato toro  in ottone (lega di rame e zinco), vuoto all’interno.  Curiosi ed incredutl gli agrigentini del tempo e lo stesso artefice si chiedevano a cosa mai potesse servirgli un toro immenso in metallo, per giunta vuoto all’interno.

Ma si sa, i dittatori sono eccentrici e  -a dir poagrigentoco- strani per cui non rimase altro che aspettare la fine dell’opera per capire a cosa servisse. L’attesa non fu lunga. Completato il marchingegno, Falaride chiese al costruttore Perillo di entrarvi dentro per provare la riuscita del manufatto. Il povero artista-artigiano entrò nella cavità del metallico animale e,una volta dentro, il tiranno fece chiudere ermeticamente lo sportello d’ingresso impedendo assolutamente l’uscita al malcapitato costruttore-collaudatore. 

Le sue imprecazioni di aiuto per uscirne fuori lasciavano indifferente il ‘regista’ Falaride il quale, proclive alla sperimentazione -già da allora- di effetti sonori realistici- ordinò di dar fuoco alla paglia fatta accumulare sotto il ventre dell’animale bronzeo. Man mano che le fiamme salivano e si alimentavano, il bronzo si riscaldava sempre più. Proporzionalmente aumentavano le grida disperate del povero Pellino,chiuso all’interno. Constatata la riuscita degli effetti sonori, fece uscire il poveretto dal toro infuocato ma non lo risparmiò,ordinando che venisse gettato da una rupe.

torofalarie

L’idea malata di Falaride era quella di usare il toro come strumento di tortura degli avversari. Dentro il toro,infatti, faceva introdurre a forza i suoi nemici e li bloccava dentro. Accendeva il fuoco sotto la pancia del toro per fare in modo che le fiamme scaldassero il metallo fino a farlo scottare.

Quando si raggiungevano temperature elevatissime, i poveri rinchiusi gridavano dal dolore e le urla, simili ad un muggito, si sentivano fuoriuscendo dalla bocca dell’animale. Per dare un tocco di eleganza, Falaride dispose che i fumi che venivano fuori dal toro profumassero d’incenso. Ma la Giustizia – è noto- sa essere paziente. Dopo una congiura guidata dall’akragantino Telemaco (da non confondere con il figlio di Ulisse), Falaride fu colpito da diversi  colpi di pietra scagliati dalla folla inferocita e catturato; senza tanti formalismi, fu condannato a morte e la sentenza fu eseguita  utilizzando il toro metallico dallo stesso progettato.

 

2014-2020